Legge IA, Panetta: “Italia in recupero, serve più sinergia istituzionale”
27 Agosto 2024L’approvazione di una convenzione internazionale incentrata sull’IA come quella del Consiglio d’Europa, firmata ora da molti Paesi, è un traguardo significativo e necessario. È stata infatti scolpita nella pietra del diritto internazionale la cornice di principi e diritti fondamentali condivisi per regolare questa tecnologia. Vediamo perché.
di Rocco Panetta per Agenda Digitale
Adesso si può davvero dire che il Consiglio d’Europa ha adottato il primo trattato internazionale giuridicamente vincolante in materia di intelligenza artificiale. Si tratta della Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sull’intelligenza artificiale e i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto. Approvata qualche mese fa, pochi giorni addietro è stata firmata dalla Commissione europea a nome dell’Ue, come anche da Usa, Israele, UK e altri Paesi.
L’importanza della Convenzione sull’AI e i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto
La notizia non ha avuto il degno rilievo al momento dell’adozione del trattato e finora anche la firma da parte della Commissione Ue non sembra aver destato quell’interesse che meriterebbe. Ne ha parlato, tuttavia, sempre opportunamente e con giusto tempismo a Cernobbio Padre Paolo Benanti, avvertendo quella platea qualificata dell’importanza di questo evento che per avere successo richiede però l’impegno degli Stati nazionali, delle imprese e dei cittadini tutti.
E’ senza dubbio un evento molto importante in questi tempi di regolamentazione della data economy e delle nuove tecnologie, che merita qualche ragionamento, che farò volentieri partendo dall’approccio e dai contenuti di questo trattato, per soffermarmi poi sul significato più ampio di un simile intervento internazionale.
E’ il primo trattato internazionale sull’IA
Più volte, negli ultimi quattro o cinque anni, ho lanciato appelli, per quel poco che valgano, sui diversi mezzi di comunicazione affinché il tema della regolamentazione dell’AI non restasse relegato a livello nazionale o regionale, ma diventasse oggetto della più ampia riflessione e condivisione internazionale, aprendo cosi la strada alla stipula di uno o più trattati internazionali.
La Convenzione quadro sull’intelligenza artificiale è il risultato del lavoro di due anni portato avanti dal Comitato sull’intelligenza artificiale (CAI), un organismo intergovernativo istituito dal Consiglio d’Europa per dare vita a una norma di diritto internazionale condivisa da Stati diversi, ma uniti da comuni valori.
Il CAI ha chiamato a raccolta i quarantasei Stati membri del Consiglio d’Europa, ossia i Paesi dell’Unione europea, i Paesi europei non membri dell’UE (dal Regno Unito allo Stato Città del Vaticano) e dieci altri Stati geograficamente non parte dell’Europa (Argentina, Australia, Canada, Costa Rica, Giappone, Israele, Messico, Perù, Stati Uniti d’America, Uruguay), oltre a rappresentanti del mondo privato, della società civile e dell’accademia, allo scopo di elaborare il trattato adottato lo scorso maggio a Strasburgo.
La Convenzione quadro, accompagnata da un interessante rapporto esplicativo, è stata aperta alla firma a Vilnius lo scorso 5 settembre, e proprio in tale occasione l’Unione europea ha apposto la propria sottoscrizione. Ma è bene ricordare che il trattato è aperto anche all’adesione da parte di altri Paesi non europei.
Dentro la Convenzione quadro sull’IA
Il trattato si compone di un preambolo e di trentasei articoli e mira a garantire che le attività che ricadono all’interno dell’intero ciclo di vita dei sistemi di intelligenza artificiale rispettino i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto. Viene quindi richiesto a ogni parte firmataria di adottare o mantenere in vigore misure legislative, amministrative o di altra natura che siano adeguate a dare attuazione alla Convenzione. In questo modo, il trattato intende affrontare i rischi che i sistemi di IA potrebbero presentare, promuovendo al contempo un’innovazione antropocentrica e responsabile.
Adottando la definizione di sistema di intelligenza artificiale elaborata dall’OCSE (e già impiegata come parametro per l’Artificial Intelligence Act – qui la mia serie di approfondimenti per questa testata), il trattato si rivolge in modo particolare all’utilizzo dei sistemi di IA nel settore pubblico, lasciando invece ai firmatari la scelta su come regolare in modo conforme alla Convenzione le attività svolte nell’ambito del ciclo vita dei sistemi di IA da parte di soggetti privati.
La Convenzione prevede quindi degli obblighi generali in materia di protezione dei diritti umani e integrità dei processi democratici e rispetto dello Stato di diritto, dettando poi una serie di principi generali comuni relativi alle attività del ciclo vita dei sistemi di IA. Si parla, ad esempio, di dignità umana, trasparenza, responsabilità, non discriminazione, affidabilità e protezione dei dati personali.
La chiave etica entra nel diritto, lo permea, lo richiama, ne riconcilia parti e aspetti già normati, attraverso un fil rouge che è dato dal richiamo indiretto, ma costante, ai principi e valori della costituzione europea.
Nel trattato sono altresì incluse disposizioni sui rimedi per le violazioni dei diritti umani e in materia di garanzie procedurali, oltre a previsioni per la valutazione e la mitigazione dei rischi posti dai sistemi di IA. Merita inoltre menzione l’istituzione di un meccanismo di monitoraggio nella forma di una Conferenza delle parti.
Un passo importante per un’IA rispettosa dei diritti fondamentali
L’approvazione di una convenzione internazionale incentrata sull’IA rappresenta certamente un traguardo significativo e necessario. È stata infatti scolpita nella pietra del diritto internazionale la cornice di principi e diritti fondamentali condivisi – che muovono tuttavia dal catalogo dei valori e dei principi cardine dell’UE – entro cui questa tecnologia deve essere sviluppata e utilizzata nel mondo.
L’esperienza della Convenzione 108 sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati a carattere personale depone certamente in favore dell’importanza di poter disporre di strumenti internazionali giuridicamente vincolanti nel contesto della governance umana e antropocentrica delle tecnologie.
Come ogni norma, anche questa Convenzione quadro del Consiglio d’Europa non è un atto perfetto ed esente da osservazioni critiche e migliorative. C’è chi ha contestato alcuni degli ambiti rimasti esclusi dal campo di applicazione del trattato, chi ha bocciato talune scelte di approccio e contenuti. E naturalmente molte ancora sono le sfide e le tempistiche da attraversare prima di poter saggiare il reale impatto operativo di questo trattato.
Personalmente, tuttavia, credo nell’importanza di questo trattato internazionale e ne sottoscrivo i contenuti. La dimensione dei valori, dei diritti e delle libertà fondamentali deve sempre essere la stella polare da seguire nella regolamentazione e nell’utilizzo delle tecnologie emergenti, e disporre finalmente di uno strumento giuridicamente vincolante per riaffermare e tutelare una simile istanza di garanzia non può che essere una circostanza da accogliere con grande favore ed entusiasmo.
Ora occorre attendere e vedere quali e quanti Paesi sottoscriveranno il trattato e soprattutto se Cina, India e gli altri Paesi asiatici ed arabi si uniranno, per poi auspicare anche l’adesione della Russia e via via delle potenze emergenti africane. La strada è lunga, ma l’Europa ha dimostrato ancora una volta, a dispetto di tutti i suoi detrattori, e con tutti i distinguo ed i problemi che possiamo elencare, di essere l’unico vero faro a trazione umano-centrica del nostro mondo.
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