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Cosa prevede il Digital Service Act dell’Ue e cosa rischiano le Big Tech che non si adeguano

La legge entrerà in vigore il 25 agosto. Coinvolgerà tutte le società tecnologiche con più di 45 milioni di utenti: disinformazione, controllo dei contenuti, moderazione e discorsi d’odio, ecco cosa prevede la norma voluta da Bruxelles

Di Vincenzo Tiani

Da venerdì 25 agosto inizia l’applicazione delle nuove regole sulla responsabilità delle piattaforme per i contenuti online, il Digital Services Act (DSA). Si tratta di una vera e propria rivoluzione visto che la norma precedente del 2000 era nata da considerazioni fatte a metà degli anni ’90 e da tempo mal si applicavano al web delle piattaforme.

A chi si applicano le norme

Il nuovo regolamento UE, che a differenza della precedente direttiva, si applicherà allo stesso modo in tutta l’Unione europea, permettendo agli utenti di avere gli stessi diritti ovunque e alle aziende di non doversi confrontare con 27 leggi diverse tra loro, si applica a tutti gli intermediari online, siano essi social network, motori di ricerca, marketplace, servizi di hosting. A differenza del passato, non saranno però trattati allo stesso modo e, a seconda della loro grandezza, avranno a che fare con richieste sempre più stringenti.

Entrato in vigore il 16 novembre 2022, è dal 25 agosto che se ne vedranno i primi effetti, partendo proprio dalle famose Big Tech, solo che stavolta non sono un mero appellativo giornalistico, ma fanno parte di uno specifico elenco compilato dalla Commissione europea, che ha identificato tutte le VLOP (very large online platforms) e le VLOSE (very large online search engines), ovvero quelle piattaforme e motori di ricerca che superano i 45 milioni di utenti mensili attivi in Europa, il 10% della popolazione dell’Unione, il criterio quantitativo scelto per indirizzare le piattaforme che hanno un maggior impatto sui cittadini europei.

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