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AI Act in dirittura di arrivo: il segreto sarà il bilanciamento tra esigenze di business e tutela dei diritti fondamentali

Di Rocco Panetta

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Di Rocco Panetta

In questi ultimi mesi sono stato invitato a un gran numero di eventi dedicati all’intelligenza artificiale. Un dato che certamente mi lusinga, ma che vale di più se considerato quale segnale di una certa sensibilità sull’importanza della dimensione giuridica ed etica che deve accompagnare ogni inedito sviluppo tecnologico.

Oltre a una diffusa eccitazione per questa nuova era di innovazione e creatività, ho notato però anche serie preoccupazioni legate all’impatto dell’IA. I timori più frequenti, riguardano le ricadute sul futuro della libertà degli individui e dei loro diritti fondamentali, primo fra tutti quello alla protezione dei dati personali. A ciò si aggiunge l’incertezza di molte imprese e altrettanti enti pubblici sulle azioni di compliance da intraprendere, oggi e per il futuro, al fine di limitare costi, sanzioni e pregiudizi reputazionali. Ho ritrovato questa combinazione di entusiasmo e preoccupazioni qualche settimana fa in Australia, dove sono intervenuto all’International Association of Privacy Professionals (IAPP) ANZ Summit e alla contestuale Conferenza internazionale delle Autorità Garanti dei dati dell’APAC, idem a Bruxelles, partecipando a un panel del Parlamento europeo.

Ma anche sul fronte istituzionale, tanto in Europa quanto negli Stati Uniti, la strada intrapresa è quella della regolazione dell’AI: è di qualche settimana l’annuncio della pubblicazione dell’executive order con cui il Presidente americano Biden è intervenuto per dettare la linea statunitense sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale. Un avvenimento che ha di poco preceduto l’accordo politico raggiunto l’8 dicembre 2023 tra Parlamento europeo e Consiglio sul testo dell’Artificial Intelligence Act, superando anche le riserve dell’ultima ora di alcuni Paesi, Italia compresa.

Questo giro di mappamondo, tra correnti geopolitiche e rotte di mercato, ci conferma per l’ennesima volta un dato che, per chi si occupa di diritto delle nuove tecnologie, è ogni giorno più evidente. Anche davanti alle originali sfide poste dal progredire incessante dell’intelligenza artificiale, la tradizione giuridica e la cultura dei diritti europee fanno la differenza. Lo abbiamo già visto con la normativa in materia di uso, protezione e circolazione dei dati, con il Regolamento generale sulla protezione dei dati (il GDPR) che è diventato il prodotto legislativo più esportato e imitato al mondo nell’era della data economy. La storia si sta già ripetendo con l’Artificial Intelligence Act: questa nuova legge non soltanto è pronta a diventare la prima al mondo a regolamentare in modo completo l’IA, ma è già il modello a cui i legislatori di molti altri Paesi si stanno ispirando per le proprie regole nazionali. L’equilibrio tra norme a tutela dei diritti e previsioni in favore di sviluppo tecnologico e mercato è il punto di forza del nostro sistema economico-giuridico. Un equilibrio che trova poi nell’attività delle autorità nazionali la più alta (e necessaria) manifestazione.

Così ha fatto sin dalla propria istituzione la nostra Autorità Garante per la protezione dei dati personali. Con quello stesso spirito si stanno affrontando oggi le nuove questioni sollevate dall’uso degli algoritmi di intelligenza artificiale. In questo senso sono stati adottati provvedimenti apripista a livello internazionale, come quelli nei confronti di Replika e OpenAI, in relazione ai quali ho avuto l’onere e l’onore di essere stato professionalmente in prima linea, assieme ai colleghi e collaboratori di PANETTA Studio Legale.

In Europa la sfida per il futuro deve allora essere quella di valorizzare il proprio passato. Spesso si lamenta il peso di una Unione Europea rallentata dall’impronta della regolazione, ma poi quelle regole apripista si tramutano, dopo una fase di contrasto globale, nella unica golden rule valida ed applicabile in un mondo complesso e che richiede continui bilanciamenti, tra esigenze di business e tutela dei diritti. Oggi siamo in una fase nuova, in cui i cittadini, prima ancora delle macchine, devono farsi portatori e ambasciatori di un modello in cui l’intelligenza artificiale possa costituire il migliore alleato per una società etica e fondata sui diritti. Forse, con le nuove regole dell’AI Act saremo sulla buona strada.


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